Gedicht
Stefano Dal Bianco
The senses
The peach-tree that I see blossoming among the ruins of the city of Milan is not lifetriumphing over cement, but only cement air, a life of cement inside the tree, my life.
Our life eluded on the roof-tops.
So I look at the shape of the peach-tree,
I carve into its little thief-like foliage
the word plant, the word word
that may save it
that may save me and I try to say: yes,
for the force of a wall, yes,
for time to repeat
many times the same season
and never in my house.
On the wall, there’s seven senses
One tied to the other, two by two, one consolidating
the other disappearing without fear of dreaming . . .
They’re arranged in the shape of a poem, which says:
“The first sense
is the sense of joy, without purpose, as when
one thing reveals itself.
The second is that same thing, made close,
of which you must never speak.
The third sense is nocturnal,
where nobody sees anything
where the mind remains the same.
The fourth sense is with our friend the flower
and you and it are single thing
under a clear sky abandoned.
The fifth sense is far from love.
The sixth sense is not-of-yours.
The last sense is all of them,
seventh sense inexpiable,
hardens
the word into word, the wall into
wall.”
Tiny humanity,
same substance of my heart,
make me of the dead and I shall be saved.
© Translation: 2004, Gabriele Poole
I sensi
I sensi
Il pesco che vedo fiorito tra i cumuli della città di Milano non è l’idea della vita chevince il cemento ma solo un’aria di cemento, una vita di cemento nel pesco, la mia vita.
La nostra vita elusa sopra i tetti.
Allora guardo la forma del pesco,
scavo nella sua chioma piccola di ladro
la parola pianta, la parola parola
che lo possa salvare
che mi possa salvare e provo a dire: sì,
per la forza di una parete, sì,
perché il tempo ripeta
tante volte la stessa stagione
e mai nella mia casa.
Sono sul muro sette sensi
legati l’uno all’altro a due a due, consolidandosi
l’uno, l’altro sparendo senza paura di sognare . . .
Sono disposti in forma di poesia, che dice:
“Il primo senso
è il senso della gioia, senza scopo, come quando
si rivela una cosa.
Il secondo è quella cosa, resa vicina,
di cui non devi mai parlare.
Il terzo senso è notturno,
dove nessuno vede niente
dove la mente resta uguale.
Il quarto senso è con l’amico fiore,
e tu e lui siete una cosa
abbandonata sotto un cielo chiaro.
Il quinto senso è lontano dall’amore.
Il sesto senso è non di te.
L’ultimo senso è tutti quanti,
settimo senso inespiabile,
indurisce
la parola in parola, il muro in
muro.”
Umanità minuta,
della stessa sostanza del mio cuore,
fammi dei morti e io sarò salvato.
© 2001, Stefano Dal Bianco
From: Ritorno a Planaval
Publisher: Mondadori, Milano
From: Ritorno a Planaval
Publisher: Mondadori, Milano
Gedichten
Gedichten van Stefano Dal Bianco
Close
I sensi
Il pesco che vedo fiorito tra i cumuli della città di Milano non è l’idea della vita chevince il cemento ma solo un’aria di cemento, una vita di cemento nel pesco, la mia vita.
La nostra vita elusa sopra i tetti.
Allora guardo la forma del pesco,
scavo nella sua chioma piccola di ladro
la parola pianta, la parola parola
che lo possa salvare
che mi possa salvare e provo a dire: sì,
per la forza di una parete, sì,
perché il tempo ripeta
tante volte la stessa stagione
e mai nella mia casa.
Sono sul muro sette sensi
legati l’uno all’altro a due a due, consolidandosi
l’uno, l’altro sparendo senza paura di sognare . . .
Sono disposti in forma di poesia, che dice:
“Il primo senso
è il senso della gioia, senza scopo, come quando
si rivela una cosa.
Il secondo è quella cosa, resa vicina,
di cui non devi mai parlare.
Il terzo senso è notturno,
dove nessuno vede niente
dove la mente resta uguale.
Il quarto senso è con l’amico fiore,
e tu e lui siete una cosa
abbandonata sotto un cielo chiaro.
Il quinto senso è lontano dall’amore.
Il sesto senso è non di te.
L’ultimo senso è tutti quanti,
settimo senso inespiabile,
indurisce
la parola in parola, il muro in
muro.”
Umanità minuta,
della stessa sostanza del mio cuore,
fammi dei morti e io sarò salvato.
From: Ritorno a Planaval
The senses
The peach-tree that I see blossoming among the ruins of the city of Milan is not lifetriumphing over cement, but only cement air, a life of cement inside the tree, my life.
Our life eluded on the roof-tops.
So I look at the shape of the peach-tree,
I carve into its little thief-like foliage
the word plant, the word word
that may save it
that may save me and I try to say: yes,
for the force of a wall, yes,
for time to repeat
many times the same season
and never in my house.
On the wall, there’s seven senses
One tied to the other, two by two, one consolidating
the other disappearing without fear of dreaming . . .
They’re arranged in the shape of a poem, which says:
“The first sense
is the sense of joy, without purpose, as when
one thing reveals itself.
The second is that same thing, made close,
of which you must never speak.
The third sense is nocturnal,
where nobody sees anything
where the mind remains the same.
The fourth sense is with our friend the flower
and you and it are single thing
under a clear sky abandoned.
The fifth sense is far from love.
The sixth sense is not-of-yours.
The last sense is all of them,
seventh sense inexpiable,
hardens
the word into word, the wall into
wall.”
Tiny humanity,
same substance of my heart,
make me of the dead and I shall be saved.
© 2004, Gabriele Poole
Sponsors
Partners
LantarenVenster – Verhalenhuis Belvédère